Come noto il contenzioso tributario non ammette le testimonianza acquisite in corso di causa in base alla formulazione dell'art. 7 comma 4 D.Lgs. n. 546/1992 che non prevede l'ammissione del giuramento e della prova testimoniale.
Sulla base dell'insegnamento della Corte Costituzionale (n. 18/2000), che ha sancito che le dichiarazioni di terzi sono essenzialmente diverse dalla prova testimoniale che è necessariamente orale e comporta il giuramento dei testi, la Corte di Cassazione con la sentenza 3 novembre 2017, n. 26.140 ha avuto modo di ribadire che è comunque possibile che entrambe le parti del processo, e non solo l'Amministrazione Finanziaria, possano produrre documenti nei quali siano riprodotte le dichiarazioni rese da soggetti terzi.
Il valore da attribuire a tali dichiarazioni scritte (eccetto il caso della "confessione" che produce conseguenze negative sul confessore) non è quello della prova tipica, bensì del mero indizio, da valutare in base ad ulteriori elementi che possano influenzare il libero convincimento del Giudice.
Questa soluzione giurisprudenziale rappresenta un compromesso tra l'impossibilità normativa di far ricorso ad uno strumento processuale tipico di altri processi, e la possibilità di addurre comunque, nel contenzioso tributario, nuove fonti di conoscenza provenienti da soggetti terzi rispetto alle parti in causa.